giovedì 5 aprile 2012

Onore al merito

“Se si trattasse ognuno a seconda del suo merito, chi potrebbe evitare la frusta?”
William Shakespeare, "Amleto", 1602

Dice bene, il vecchio William! Ma lui, lui mica deve fare i conti con la leggenda metropolitana! Lui non ha metri e metri di letteratura vintage da sfatare, ed il buon J.J. Rousseau è, per sua fortuna, ancora nella macchina del tempo.
E’ a noi, invece, che tocca fare i conti con l’illusione buonista. Siamo noi che cerchiamo di scardinare la burokratja e buttare a mare il familismo amorale  con una mossa sola.
Forse questo secondo “relitto”, merita una piccola digressione. Si tratta, in parole molto povere, di quel fenomeno per cui le società arretrate sono destinate a rimanere tali perché perseguono esclusivamente gli interessi della famiglia di origine a discapito della società. Sono dunque prive di morale (a-morali) e riflettono questa propria peculiarità sulla comunità intera. Un po’ come dire che “le donne sono tutte di malaffare, eccetto quelle della mia famiglia”. (!)
Ma veniamo al punto: quando dici “meritocrazia” guarda in faccia il tuo interlocutore e capirai di che pasta è fatto. Non trarre conclusioni, però, perché se paventa, potrebbe essere soltanto stato ben erudito da un valente profeta del luogo comune: se hai una sola speranza di salvarlo, giocatela.
Ora io scrivo e non vi vedo: a conti fatti, forse è un vantaggio.
Dicevamo “meritocrazia”.
Francamente non ho tanta voglia di enumerare la serie di scempiaggini che hanno portato all’appiattimento, al livellamento, al sotterramento di ogni merito per un malinteso senso di fratellanza e solidarietà. Non ho davvero voglia di raccontare chi e cosa ci ha condotti per strade tortuose a negare ciò che era sotto gli occhi di tutti. Nemmeno il come lo trovo più degno di interesse: sono cose trite e ritrite.
E poi, diciamocelo, così si rischia di scadere in discorsi “da curva”. Aberranti.
Mi accontenterò invece di porre una domanda a chi legge(tranquilli, niente di personale): promuovere la meritocrazia è un fatto puramente “etico” o anche “pratico”?
Dico la mia, e poi, chi vorrà…
E’ innegabile che per governare una nazione serva una classe dirigente. Che sia a pois o a quadretti, è marginale. Che sia invece degna del proprio ruolo, è basilare. Tralascio  qui di motivare l’affermazione lapalissiana: non aspiro affatto a tediare alcuno.
Ora, per essere degni di un ruolo bisogna essere due cose: retti (o almeno tali sapersi mostrare) e in gamba. Capaci. Anzi, no: invertiamo l’ordine, funziona meglio. Primo: capaci. Secondo: retti.
Il motivo è assolutamente pratico: chi governa una nazione la deve far funzionare al meglio, per il bene assoluto della nazione, appunto.
Se la cosa appare troppo logica detta così, lo sembra meno quando scendiamo di livello, giù, più giù, fino a terra, fra i comuni mortali: noi.
E’ lì che si è diffusa la menzogna. E’ lì che qualcuno (non io, eh!) ha dipinto di color solidarietà, una grossa ingiustizia: il freno a mano.
Ora pare che il dire di rendere onore al merito voglia per forza significare di lasciare alla rupe Tarpea chi, per sua natura o sfortuna, di talenti ne ha pochini. Eccola lì la bugia, quella grossa.
Ma chi è che ci mette in testa di queste corbellerie? Chi l’ha mai detta una simile fanaticheria? Da quando in qua?
Promuovere l’eccellenza, non vuole affatto dire, come discettano fumosi, muffosi, ingannevoli vetero-veterani della comune, “chi ha censo/status”, ma al contrario, chi ha un “quid”. Significa perseguire il merito, scovarlo là dove si trova, dare valore all’intelligenza umana, aprirle la strada perché sia, perché faccia, perché dia, perché si esprima. Ognuno abbia, nel proprio piccolo, un’occasione. E poi…salti chi può!
Dov’è il peccato?
Il peccato sta nella cronica mancanza di fiducia nell’essere umano. Che io non credo affatto essere buono, né cattivo. Ma essere. Conoscere la sua natura ed imparare ad usarla, se serve, imbrigliarla, può portare innumerevoli vantaggi. Negarla, abbatterla, violentarla non può che portare al nulla.
Chi vuole, getti pure i suoi strali: io dico che promuovere l’eccellenza è funzionale all’eccellenza (fin lì ci eravamo arrivati tutti!) e alla normalità , e soprattutto a chi viaggia a scartamento ridotto. Chi è costretto a stare al traino, arriva prima se la locomotiva è buona.
Ma se in testa al treno mettiamo quella vecchia locomotiva rabberciata, perché ne “ha diritto”…ah, beh, allora…

Ho una proposta: cestiniamo tutti i dogmi precotti, il classismo spinto, il razzismo vero. Zavorra, piedi per terra e…sì, rendiamo finalmente onore al merito.
Può convenire più del “tre per due”.

Nessun commento:

Posta un commento